Il processo di Artemisia Gentileschi

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Note di regia

Una fiction sugli stereotipi di genere


The trial of Artemisia Gentileschi” è una fiction e al contempo una sorta di vero e proprio documento storico.

Ovviamente, a dispetto della fedelissima ricostruzione delle vicende giudiziarie, è doveroso chiedersi se i protagonisti della vicenda, Artemisia Gentileschi e Agostino Tassi erano veramente così come ci appaiono nella fiction. In fin dei conti un processo per stupro non è esattamente il luogo dove il carattere dei protagonisti emerge con maggiore evidenza: i colpevoli mentono, per evitare la condanna, cercano di passare da innocenti; ma anche gli innocenti cercano, com'è naturale, di fare una buona impressione sui giudici.

Non stupisce certo che l'intera strategia difensiva di Agostino Tassi sia incentrata nel tentativo di apparire come un brav'uomo, onesto e fedele amico di Orazio Gentileschi e accusato ingiustamente da quest'ultimo e da Artemisia, dipinta, senza mezzi termini, come una vera e propria prostituta; nel corso del processo però il Tassi viene smascherato e, specie nelle scene finali, mostra il suo vero carattere di stupratore e di stalker.

Tuttavia, in un mondo fondato su stereotipi di genere come la società italiana del Seicento anche la vittima, e cioè Artemisia, doveva affrontare il processo con qualche cautela. Poteva effettivamente ella dar di sé l'immagine di donna e artista indipendente quale con ogni evidenza già era al tempo dei fatti, nonostante la giovane età? Probabilmente no. E non a caso, se in certi momenti Artemisia sembra ribellarsi agli stereotipi sessisti del tempo (e qui forse possiamo cogliere la vera Artemisia), lo fa soltanto nei momenti di maggiore stress della vicenda processuale; molto più spesso, durante il processo ella sembra voler dar di sé l'impressione di una donna che accetta quegli stereotipi stessi, specie quando insiste sull'aspetto del matrimonio mancato con Agostino Tassi. Noi oggi possiamo ben dubitare che Artemisia veramente mirasse a realizzare le propria vita come semplice "moglie" di un pittore; ma questa è l'immagine che Artemisia sceglie di dare di sé proprio per evitare che i pregiudizi dell'epoca la bollassero definitivamente come donna di dubbia moralità e quindi concludessero per l'innocenza del Tassi.

Insomma, alla domanda "l'Artemisia Gentileschi e l'Agostino Tassi che ci appaiono in questa fiction sono effettivamente i "veri" Artemisia e Agostino?" si può rispondere "solo in parte". Tuttavia essi sono effettivamente l'Artemisia e l'Agostino così come apparvero ai giudici, deformati dagli steroretipi di genere di quegli anni e dalle modalità dell'azione giudiziaria di quegli anni..

La regia, anziché lavorare di fantasia in una improbabile ricostruzione caratteriale alla ricerca della vera Artemisia e del vero Agostino ha preferito concentrare la narrazione proprio su questi due aspetti: le modalità dell'azione giudiziaria e i pregiudizi sessisti dell'epoca.

L'azione giudiziaria dell'epoca ci appare lontanissima dalla nostra pratica. Il processo mancava delle più elementari garanzie (arresti arbitrari, mancata contestazione delle accuse, pratica della tortura eccetera); ma soprattutto il fine ultimo del processo non era semplicemente l'accertamento della verità: in un tribunale laico, ma dipendente dalla curia Papale, l'influenza del pensiero cattolico era molto forte per cui risultava di cruciale importanza ottenere la confessione dell'imputato e il pentimento dello stesso. Da ciò il carattere marcatamente "teatrale" del processo inquisitorio, che non mirava solo a ottenere le prove della colpevolezza ma piuttosto una vera e propria catarsi, una presa di atto da parte dell'accusato della propria colpa e quindi un pentimento cristiano. E così il giudice, verso la fine del processo, quando è già convinto dell'innocenza di Artemisia e della colpevolezza di Agostino, decide di sottoporre Artemisia alla tortura proprio per spingere Agostino alla confessione del proprio "peccato" in senso cristiano: Artemisia non viene torturata dai suoi giudici perchè ritenuta colpevole; al contrario, viene torturata perchè ritenuta innocente, come vero e proprio monito per costringere l'animo del colpevole al pentimento.

Nella decisione di usare il corpo di Artemisia in questo modo - cioè per ottenere il pentimento del suo stupratore e quindi, secondo l'ottica cristiana dell'epoca, per ottenere il bene di lui e la salvezza di lui - svolgono certo un ruolo i pregiudizi e gli stereotipi di genere dell'epoca. E il vero motore del film sono proprio i pregiudizi di genere. Gli spettatori avranno modo di comprendere appieno i pregiudizi e gli stereotipi di genere di quell'epoca e questo perchè a quell'epoca essi venivano dichiarati esplicitamente. La disparità tra uomo e donna veniva enunciata nelle università, nelle chiese e nelle aule dei tribunali; la scarsa accusabilità di un uomo che avesse stuprato una donna di dubbia moralità veniva sancita nei processi e dai giureconsulti; la mancanza del diritto al possesso del proprio corpo da parte della donna era incontrastata e incontestabile. Gli spettatori non avranno difficoltà a comprendere come tali pregiudizi sessisti sono inaccettabili. Tuttavia, lungo il corso del film comprenderanno altresì come buona parte di quei pregiudizi e di quegli stereotipi, che riteniamo appartenere a un passato lontano da noi, sono ancora ben presenti ai nostri tempi (magari non esplicitati, magari mascherati da giudizi estetici o di valore) ma non di meno attivi e capaci di produrre le stesse ingiustizie che amareggiarono la vita di Artemisia Gentileschi.

Un film indubbiamente militante in una certa ottica di pensiero ma nel quale si è scelto di evitare facili mitizzazioni per attenersi alla realtà della vicenda storica.

Paolo Bussagli

  

Progetto Francesca da Rimini